16 aprile 2014

Smaltire la plastica domestica con la stampante 3D

Una delle maggiori critiche mosse alla tecnologia della stampa 3D è quella relativa ai materiali di stampa.

In genere, sia per motivi economici che tecnici, nelle stampanti 3D vengono utilizzate delle plastiche.
L’acquisto di materiale di stampa parte da ca. CHF 40 al kg, di certo inferiori a quelli che si pagherebbero per i manufatti già pronti ma ancora troppo cari rispetto ai “filamenti home made”.

Lo sviluppo dei processi di produzione additivi sono però l’occasione per ridurre l’impatto della plastica sul nostro pianeta. Se creo oggetti di plastica questi andranno ad inquinare quindi come possono le stampanti 3D ridurre la plastica in circolazione?
È molto semplice. E se il contenitore di plastica che abbiamo appena svuotato, invece di gettarlo nel cassonetto della differenziata, lo inserissimo nella nostra nuova stampante 3D per ricavarne un utensile per la casa?
Un riuso domestico dei rifiuti che potrebbe giovare all’intera filiera del riciclaggio, soprattutto nei piccoli centri. Costi ridotti per il consumatore e minore impatto sull’ambiente, un binomio che potrebbe trovare la sua forma proprio con un passaggio dentro una stampante 3D.

La risposta è già arrivata e prende la forma in progetti molto interessanti che hanno l’obiettivo di trasformare la plastica che gettiamo in bobine da utilizzare nelle stampanti 3D.

Il Perpetual Plastic Project è un progetto istruttivo che nasce in Olanda con 2 scopi ben precisi:

1) reciclare la plastica a livello locale coinvolgendo le persone in modo attivo

2) stimolare la creatività delle persone insegnando a costruire oggetti partendo dagli oggetti riciclati.

Il processo si può suddividere in 4 fasi:

1. I bicchieri di plastica usati vengono puliti ed asciugati

2. i bicchieri vengono sminuzzati con dei macchinari

3. i pezzetti di plastica ottenuti vengono fusi e passati attraverso un estrusore per formare un filamento di plastica

4. i filamenti ottenuti vengono impegati nelle stampanti 3D



RecycleBot
Dopo aver pulito quello che una volta era un contenitore per il latte, i ricercatori dell’Università del Michigan lo hanno inserito in un comune trituratore da ufficio, per inserire poi i filamenti ricavati in un RecycleBot, apparecchio per il riciclaggio della plastica (disponibile per una costruzione artigianale). Ma anche nel caso in cui si volesse acquistare un “plastic extruder”, i costi complessivi di una “filiera domestica” per il riutilizzo della plastica sarebbero incredibilmente più bassi rispetto a quelli ordinari.



Filabot
Filabot è stata messa a punto da Tyler McNaney, uno studente del Vermont Technical College. La cosa notevole è che all’imbuto, di cui sono stati realizzati vari prototipi, va bene ogni genere di plastica: dalle bottiglie usate agli imballaggi passando per le confezioni di detergenti o prodotti per le pulizie, cd e dvd. Rifiuti ai quali vanno aggiunti quelli organici e gli oggetti biodegradabili, oltre a quelli già in Abs, tipo i mattoncini Lego. Insomma, Filabot ingoia (quasi) tutto. Occhio, però, perché ogni tipo di materiale va cotto a diverse temperature per evitare pasticci. Ma l’affare conviene: basti pensare che con una bottiglia di latte e una di detergente si tirano fuori un paio di metri di Abs. Non basta: anche il diametro del filamento, parametro fondamentale per i diversi tipi di lavori che si possono sfornare con le prodigiose stampanti 3D, potrà variare a proprio piacimento.